MADRIGALI E GESUALDO MADRIGALISTA
(di Franco Caracciolo)
In musica è così chiamata la più antica forma
poetico-musicale dell’Ars Nova fiorentina (metà 300). Destinato
ad un ambiente colto e aristocratico.
Il Madrigale rinacque in nuova forma nel
cinquecento. Non era strofico come il trecentesco, le sezioni erano
diverse le une dalle altre e le voci avevano tutte la stessa importanza,
era a cappella.
Il Madrigale fiorisce,
nel corso dei secoli, con periodi diversi.
Periodo primitivo: omofono e la scrittura è
a 3 o 4 parti.
Periodo Classico: tecnica imitativa del
mottetto, si sviluppa il cromatismo (semiminime). La
tecnica è pienamente sviluppata e si adegua alle necessità espressive,
generalmente a 5 voci.
Periodo Finale: Inizia intorno al 1580,
vengono abbandonati gli ideali pollinei. La ricerca tecnica viene messa
completamente al servizio dell’espressione, la quale ora può anche
permettersi di rompere gli argini formali: l’affracamento dal
fiamminghismo è totale. A Venezia Andrea e Giovanni Gabrieli lavorano
indubbiamente in questo senso. Splendore armonico e timbrico
(disposizione policorale), opposizioni ritmiche, acuto senso coloristico
sono caratteristiche di questi autori che influenzeranno i madrigalisti
dell’ultimo periodo. I risultati più alti furono raggiunti da
Marenzio, Gesualdo e Monteverdi. Ancorché ossequioso e pieno di
rispetto per l’austera, conservatrice scuola romana, Luca Marenzio, per
l’accesa liricità del suo temperamento e per la dolcezza del canto,
entra di diritto nell’ultimo periodo storico del madrigale.L’essere in
qualche modo legato ai predecessori non gli impedì di progredire molto e
di allinearsi spiritualmente ai grandi contemporanei. Venne detto forse
con un poco di retorica che con lui il Madrigale raggiunge l’ultima
perfezione. In comune con gli altri due ha l’ansia romantica, in lui
squisita per la liricità, della ricerca di una adeguazione perfetta
della musica al testo. La dolcezza, la levigatezza, la liricità di
Marenzio trovano un perfetto opposto
nell’arte del principe Carlo Gesualdo da Venosa. Per Gesualdo il testo è
tutto e la musica anzi ne vuole esasperare il contenuto espressivo
toccando punte acute di drammaticità e di passione erotica che fanno
pensare a un vero e proprio espressionismo musicale. Le innumerevoli
audaci di Gesualdo investono il ritmo, la melodia, l’armonia.
Negli 8 libri di Madrigali di Claudio Monteverdi si passa dal
Rinascimento al Barocco, vale a dire dalla polifonia vocale a cappella
allo stile concertante con strumenti vari sostenuti dal basso continuo.
Il madrigale rappresentativo: a mezzo tra le
forme auliche del madrigale e le forme <<leggere>> della canzonetta e
della villanella. La struttura è dialogica: intervenivano personaggi
comici e grotteschi protagonisti di situazioni burlescheispirati alla
commedia dell’arte.
Il genere in Europa: Il Madrigale inglese
appare sotto nomi assai diversi: Songs, Sonets, Canzonets, Ayres.
In Germania sviluppo minimo (Hans Leo Hassel) e in Spagna Pedro Vila
(1561) Juan Brudien (1585) e Pedro Rimonte (1614).
Il Madrigale novecentesco: Nel ‘900 la
riscoperta vocalità italiana dei secc. XVI e XVII e di Gesualdo in
particolare, ha stimolato e portato a grandi ispirazioni musicali e di
altissima portata compositori del nostro paese quali Pizzetti, Malipiero,
Dallapiccola, Petrassi e molti altri ancora fra i contemporanei(Claudio
Abado, Lucio Dalla, Pino Daniele, Franco Battiato, Roberto De Simone).
Gesualdo è più principe, forse, proprio nella
musicalità che nella feudalità.
Nel 1586, un suo maestro, Stefano Felis, nelle
sue pubblicazioni inserisce dello “illustrissimo don Carlo Gesualdo:
Ne reminiscaris, Domine, delicata nostra” (Signore, non ricordarti
dei nostri delitti). E, a scanso di equivoci, allora il principe non
aveva commesso ancora alcun “delitto”.
Nel 1587, Jean De Macque , con le sue
composizioni, pubblica anche tre composizioni di Carlo.
Nel 1590 (notte tra 16 e 17 ottobre in Napoli
palazzo Duca di Torre Maggiore, in piazza S. Domenico) uccide la moglie
Maria D’Avalos colta in flagrante con l’amante Fabrizio Carafa.
Nel Febbraio del 1594 sposa Leonora d’Este,
cugina di Alfonso d’Este duca di Ferrara.
Alfonso Fontanelli, funzionario del duca di
Ferrara dice per lettera al suo Signore:”Il Principe sebene a prima
vista non ha presenza di quello ch’ è, si fa però di mano in mano più
grato, et io per me mi compiaccio sufficientemente dell’aspetto suo. Non
ho visto la vita perché porta un palandrano lungo quanto una roba da
notte, ma dimane credo sarà vestito gaiamente.Ragiona molto et non da
segno alcuno, se non forse nell’effige, malanconico, Tratta di caccia e
di musica, et si dichiara professore dell’una e dell’altra. Sulla caccia
non s’è esteso meno più che tanto, perché non ha trovato da me troppo
rincontro, ma della Musica m’ha detto tanto ch’io non ne ho sentito
altrettanto in un anno intiero. Ne fa apertissima professione et espone
le cose sue partite a tutti per indurli a maraviglia dell’arte sua… Dice
d’haver lasciato quel primo stile et d’essersi messo all’imitazione del
Luzzasco da lui sommamente amato et celebrato, benché dica ch’egli non
habbia fatti tutti i madrigali col medesimo studio, come pretende
mostrare a lui stesso.”
Dal matrimonio e dal suo soggiorno a Ferrara
nascono straordinarie opere artistiche.
Nel 1594, Carlo, pubblica il I° e il II° libro
dei Madrigali, già frutto dell’esperienza musicale napoletana.
Successivamente, nel 1595, il III° e il IV° , anno in cui nasce anche il
suo secondo figlio Alfonsino.
Con il III° e il IV° libro dei
Madrigali, Carlo Gesualdo, abbandona il primo stile, rompe con gli
schemi strofici petrarcheschi costruiti sull’armonia di testo musicale e
parola. Abbandona il vincolo del testo poetico e dello stile
classicheggiante di Torquato Tasso. La sua musica è una superba sintesi
del suo genio musicale innovativo e delle culture musicali d’avanguardia
dell’intera penisola italiana, non ultima quella ferrarese di Luzzaschi
Luzzasco. Come dice lo storico moderno Annibale Cogliano, la grande
storia musicale e la piccola s’incontrano, senza saperlo, nella quiete e
nel dolce clima del feudo di Gesualdo, nella terra d’origine sua e dei
suoi avi. Infatti qui Gesualdo si ritira, verso la fine del 1597. Qui,
sul modello delle corti padane, il castello ospita un cenacolo dei
musici più affermati e ricercati d’Italia: Scipione Stella, Giandomenico
Montella organista e suonatore d’arpa e di liuto, Fabrizio Filomarino,
virtuoso della chitarra a sette corde, Antonio Grifone maestro di viola
ed arco, Rocco Rodio teorico, Scipione Dentice virtuoso di cembalo.
Gesualdo …”è un raro suonatore di molti strumenti e del liuto in
special modo. Nelle composizioni è superiore a tutti i musici suoi
contemporanei. Tiene a sue spese molti suonatori e compositori e cantant.
Se questo signore fosse vissuto all’epoca dei Greci, gli avrebbero fatto
una statua di marmo e d’oro”, così Scipione Cerreto, un musico che
ha frequentato la sua corte.
Qui il musicista vive si no alla sua morte,
l’otto settembre 1613.
|