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GEMELLI... DIVERSI

Toronto chi...ama Gesualdo

GESUALDO - 27 08 2006 - Ma la festa di San vincenzo Ferreri e la sua particolare manifestazione del volo dell’Angelo di Gesualdo non si svolge solo in Irpinia. Quella manifestazione è diventata ormai patrimonio dell’umanità. Si realizza un po’ in tutto il mondo. Anche il santo protettore del paese, come i suoi concittadini, ha fatto la valigia e, insieme a loro, è emigrato. Con i suoi compaesani ha invaso il mondo intero. Australia, Stati Uniti d’America, Venezuela, Argentina, Canada, Inghilterra, Germania ecc. ecc., hanno tutti la loro piccola fetta di paese. Essere a Sidnei, Boston e New York, Caracas, Buenos Aires e Rosario, Montreal e Toronto, Londra, Stoccarda e tutti gli altri luoghi dove essi vivono, è un po’ come stare a Gesualdo, in Irpinia... un po' in tutta l’Italia. Le radici, violentemente a malincuore estirpate dalla terra natia, manifestano le difficoltà e il disagio del loro completo attecchimento attraverso la rievocazione del Volo dell’Angelo e della festa di San Vincenzo Ferreri. La lotta per la sopravvivenza, la conquista di un mondo migliore, la raggiunta condizione di alto benessere non basta, comunque l’opera è incompleta. Manca qualcosa. Quella cosa che rappresentava, in quel tempo lontano di emigrazione di massa, l’ultimo dei pensieri, un problema inesistente. La nostalgia per un passato e per un mondo che non può ritornare più. Quel cattivo umore che tutto avvolge, che non sarebbe mai costato niente, al quale nessuno badava, al quale nessuno pensava, ora traspare come nello sfondo di uno scenario. La nostalgia è quella malinconia che oggi condisce di amaro retrogusto il pane a sbafo, fortunatamente conquistato, che vitalmente mancava, che tanta fatica e tante rinuncie è costato, ma che solo e con il quale si vive compiutamente bene, forse oggi lo si riscopre, ne soddisfa compiutamente il bisogno solo se e perché si è a “casa”. Solo perchè si ricompone quel mosaico. Nei gesti, nelle parole, nei volti rivive, loro mal grado, la usurpata cittadinanza, l'esilio forzato. Rivive la condizione del vuoto che ti manca quando ti manca la tua casa, la tua famiglia, i tuoi compagni, i tuoi amici, la tua gente la tua terra. Quel bisogno di cui si era certi poterne fare a meno, superfluo, quasi voluttuario, si ripresenta più necessario che mai altro. Ora anch’esso è divento primario, come e più degli altri, al pari della fame e della dignità. E allora grazie internet, noi ce la mettiamo tutta per unirci in un unico abbraccio per ritornare ad essere una cosa sola, per rivivere in un solo paese sia esso Gesualdo o tutta la terra. E allora, si ricomincia, rivive quel bisogno, si parte di nuovo, si emigra ancora una volta, questa volta solo con la mente e con il cuore, si ritorna a compiere gesti, ad articolare le parole e i rituali che rievocano un mondo perduto, che si sa non potrà tornare mai più, un fuoco muto, che arde nel più profondo delle coscienze e dei desideri si riaccende, torna a riscaldare certi sentimenti ti ristora ti rivitalizza ti affranca da tutto quanto è costata la nuova vita nel nuovo mondo. Ci accompagnerà per sempre e si spegnerà se non con noi stessi. E’ un’essenza di sottofondo che via etere si sente e ti coinvolge anche qua a Gesualdo, tanto lontano, e il loro malumore la loro passione ingrigita contagia anche me. Rivivono il ricordo e le manifestazione che maggiormente rendevano felici, aggregavano ed esaltavano le persone, ritorna “il dì di festa” che da solo rendeva, picoli e grandi, madre e figli, realizzati. Ritorna, anche se solo per poche ore, il tempo felice di pane, cipolla e core contento, si rivive là, tutti insieme a Gesualdo in piazza e non ci si rivede con tutti perchè c'è tanta gente che ti chiude la visuale.
Per questo e tant’altro, ora, all’estero, insieme a tutti gli altri emigranti, rivive la tradizionale festa di San Vincenzo Ferreri di Gesualdo e il suo Volo dell’Angelo. Si ricostruiscono, anche se in modo approssimato ma quanto più realistico possibile, quei momenti. Quelle emozioni, quelle plebiscitarie riunioni, in rigorosa lingua italiana e dialettale. E’ allora, in quel momento, è così, che si ristabilisce il contatto, ci si riconnette con le proprie origini si riallungano le radici nel proprio terreno. Si cerca di rimarginare cicatrici che non guariscono mai. Vi partecipano tutti gli italiani presenti, si aggregano tutti coloro che sanguinano ancora, e non mancano negri e altri italiani, vestiti per la festa con magliette della Ferrari e della nazionale di calcio, con costumi tipici abbruzzesi e siciliani, si organizzano lotterie e quan’taltro va anche da noi. Unica eccezione, sotto certi aspetti positiva, la mancanza di giovani che non vuol dire mancanza di affetto. Perché la nostalgia che conta è quella legata al sorgere della nostra anima e alla nascita del nostro corpo. Quell'anima che non è venduta al diavolo ma all'amore per le persone e le cose che contano. Alle giovani generazione quasi tutto ciò, per il momento, è stato risparmiato. Si riforma la processine dove, dietro al bambino angelo (unico giovane), si snoda il resto della lunga processione come è avvenuto a Toronto in Canada il 13 agosto di quest’anno nel video che Gerardo D’Addese (tutti i fratelli all’estero più i genitori) ha fatto vedere ad amici, parenti degli emigranti e paesani. Sono tutti gli Italiani che si aggrecano alla bella statua e al gonfalone di “San Vincenzo Protettore di Gesualdo che si venera a Toronto”. In processione allora si aggiungono anche le varie icone e stendardi di altri comuni e città come quella della Madonna di Carpignano , quella di Pompei, di Montevergine, del carro di Fontanarosa, Mirabella e Flumeri per estendersi a Santi, Gesù e Madonne di altre regioni. Così tutti insieme esorcizzano le tante paure, i tanti tormenti, i tanti disagi e le tante nostalgie. Gesualdini in testa seguti dagli altri Irpini, Napoletani, Calabresi, Abruzzesi, Siciliani, Veneti e Piemontesi ecc. ecc., un mondo che non finisce mai, tutti hanno lo stesso bisogno, il bisogno di sentirsi a casa. Ma c’è anche chi per l’occasione torna davvero a Gesualdo, non riesce a farne a meno, rivive tutto il suo mondo intensamente, l’ultima domenica d’Agosto, fa il pieno, ricarica le batterie e riparte. E’ un fenomeno che succede e si manifesta ancora e di più che se fosse Natale. Il volo dell’Angelo e la festa di S. Vincenzo Ferreri rappresentano ancora il giorno più felice dell’anno il culmine e il ristoro per i sacrifici e per il lavoro, la gioia di essere ripagati tutti insieme come e per quanto insieme si è lottati per un anno intero, una volta di più solo contro la terra, le avversità climatiche e ambientali per portare a termine quella produzione agricola che un tempo era la fonte unica di sostentamento, oggi quella e le nuove diverse forme di lavoro. Allora come ora ancora è così, per tutti, Irpini, Campani e Ialiani in genere, e come un tempo si rivive in ogni parte del mondo quei momenti felici di soddisfazione che li hanno segnati in eterno. Ma bando alle emozioni dei più ortodossi, generosi e lontani sostenitori dell’evento di Gesualdo. Dal vivo oggi si riassiste al vecchio conflitto che in ogni minuto e in ogni forma e in ogni momento ognuno di noi sempre rivive: la battaglia tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra inganno e lealtà, tra coscienza e cupidigia, tra vita e morte. Quest’anno, dopo l’incendio dell’anno scorso sul palco di cui fu vittima il diavoloe e il suo abbigliamento, grazie tra l’altro a contributi istituzionali, ci saranno nuovi costumi per lui e per l’angelo. Come da tradizione, le scene, che si rifanno al teatrino medioevale, si svolgeranno, appena officiata la messa solenne in onore di San Vincenzo Ferreri. Il bambino, legato ad una altezza massima di circa 25 metri tramite un gancio di sicurezza scorrevole su una fune d'acciaio che percorre un tragitto di circa 100 metri con una sosta centrale, dove dall'alto si libra sul sottostante diavolo. La tradizione racconta che quella corda d'acciaio fu procurata, agli inizi del XX° secolo, proprio da un gruppo di emigranti gesualdini, a lavoro su un mercantile statunitense attraccato nel porto di Napoli. Fu donata per sostituire quella fune di canapa che si era rotta l'anno prima causando la caduta dell'angelo salvatosi miracolosamente proprio sotto gli occhi della statua del santo. Lo scenario è magico e incantevole. Con il cavo teso a sorvolare quel che resta della chiesa celestina dell’Assunta del 1300, in corso di riattamento per funzioni pubbliche, e il tragitto tra il castello (mutilato di un tiglio secolare dai fuochi della recente festività di S. Rocco del 20 u.s.) che simboleggia il cielo e la grazia di Dio (intesa come benessere corporale e spirituale) e il campanile della cinquecentesca chiesa dei Domenicani (che simboleggia l'omaggio al santo portato dall'Angelo in nome di Dio). Quella stessa Chiesa magnificamente restaurata e quello stesso castello tragicamente compromesso dal terremoto del 1980, non ancora riattato e non ancora completamente restituito alla naturale funzione pubblica per la quale nacque. Ciò nonostante, comunque affascinante, pieno di segreti e di storie su un discusso musicista dalla vita particolare vissuta con sua moglie Leonora d'Este. Un luogo e uno scenario architettonico e naturale insieme, magico e pieno di storia, la stessa storia delle famiglie più nobili e illustre delle terre italiane e del meridione come i Gesualdo, i Caracciolo, e i Ludovisi. Visitato, per interesse affettivo e culturale, tra gli altri, da personaggi come il musicista e compositore Igor Strawinschy e il regista Werner Herzog (Vincitore di un Pri Italia sul musicista Carlo Gesualdo). Abitato, e frequentato, nel momento più intenso della sua vita da personaggi come il geniale “principe musico” e il "magnate" della cittadina di allora, Nicolò Ludovisi, marito della nipote di Carlo, Isabella Gesualdo che a sue spese edificò la maggior parte degli edifici storici della cittadina secondo le volontà testamentarie di Fabrizio II Gesualdo e del figlio Carlo: chiese, conventi, neviere e un'intero borgo (burve) che era delimitato da un imponente portone ( ove oggi si dice “lo fuoss' re lo portone”); attiguo all'antico pubblico cimitero, nonché (con il contributo dell'Università) la fontana più ricca di acque del paese, "La Cisterna" e non solo. Il patrizio bolognese, elevò a Grandato tutto il principato di Venosa. Ma forse emigranti, forestieri, giovani del luogo, e anche quei "senior" imbevuti dalla pubblicistica locale omologata politicamente e mirata solo nei confronti del padre di Emanuele Gesualdo, non ricordano che, Nicolò Ludovisi era un personaggio fuori dal comune nella sua categoria e nella sua epoca. Era nipote del pontefice Gregorio XV, al secolo Alessandro Ludovisi (Bologna 1554 – Roma 1623), era Principe di Venosa, Vicerè del Regno d'Aragona, governatore della Sardegna, Grande di Spagna, duca di Fiano e Zagarolo ancorché principe di Piombino, e persino desiderato, come Principe, di Salerno. Quel gran signore amava in modo particolare e profondamente questo paesello, al quale dedicò particolare attenzione che non ebbe per gli altri suoi feudi. Nella metà del Seicento gli conferì il decoro di una residenziale cittadina. Quella cittadina che ora allieta la vita estiva, serena e spensierata di paesani e forestieri immersi nella pace e nell'armonia di luoghi semplici, al tempo stesso raffinati, ancora oggi attraversati dalla processione in onore di San Vincenzo Ferreri e della Madonna del S.S. Rosario. Ma bando alla storia. L'angelo, secondo lo schema coreografico tradizionale, svoltosi in prova, inizierà il suo volo e il suo colloquio prima con il Santo e il suo popolo: "… Oh glorioso S. Vincenzo Ferreri, io dall'alto vengo e ti saluto, …mi rallegro con te del grande onore che oggi ti rende questo popolo festante…", e poi agitando il suo dardo contro il diavolo…"lode a te evviva per sempre a dispetto di Satana e di tutto l'inferno!"…. E il diavolo non si fa attendere, sbuca da sottoterra e: … "di Satana? Di tutto l'Inferno? Quale esile fiato fa cenno al mio nome? Al mio Regno? …Tu! …Chi sei tu, o miserabile uccello dalle ali mozzate che pigolando vai su questa mia terra? - Io sono un angelo del cielo! -Un angelo? Ah ah ah ah ah… un angelo! …Piccolo verme trasformato in uccello! …" Lo scontro entra inesorabilmente nel vivo, diventa cruento ed avvincente e continua per circa mezz'ora fino a quando ….fulmini, saette, ecc. ecc.ecc….! La manifestazione si conclude con la vittoria dell'Angelo sul diavolo che inutilmente fa vanto della sua potenza, che scaturisce dall'asservimento dei potenti della terra e dallo stravolgimento delle regole sociali, ad opera sua: "…Sono io, io che armo la mano della violenza…i ricchi sono con me…, i poveri ci verranno costretti dalla disperazione…" per riprendere, dopo il pranzo, con la processione che parte dalla chiesa madre per seguire un percorso ben preciso che attraversa tutto il paese, con in testa a tutti l'Angelo Vincitore che annunzia il passaggio del Santo. Il pranzo del giorno di S. Vincenzo, per Gesualdo, è più che il pranzo di Natale. E' speciale come nelle grandi occasioni ed ha richiesto giorni di preparativi. Vede riuniti intorno alla mensa, proprio come negli eventi straordinari, parenti, magari non visti neanche a Natale, oppure da tanti anni, perchè lavorano e sono residenti fuori Gesualdo, ma che rientrano per l'occasione, nonché amici e conoscenti. E' anche la festa degli emigranti tenuti rigorosamente presenti anche nel copione dell'Angelo. E' la festa dei bambini che una volta ricevevano dolci e giocattoli, soltanto in questo periodo dell'anno. E' la festa di ringraziamento per le messi copiose raccolte dopo un anno di duro lavoro nei campi, accompagnato dalla misericordia di Dio ottenuta per intercessione del santo taumaturgo S. Vincenzo che protegge campi e frutti della terra. E' la festa del bambino-angelo, sempre di umili estrazione, che attraverso la coraggiosa recita, in passato e non solo, contribuiva finanche a sollevare le modeste condizioni di vita che un tempo, come oggi per alcuni, erano molto più difficili che per altri. A tarda sera la processione rientra e si conclude con una messa solenne, celebrata sul sagrato della Chiesa del Rosario sovrastante la folla nella piccola piazza. C'è la benedizione dell'Angelo che rientra al cielo: "…benedico le vostre case, le vostre campagne e i vostri figli lontani da Gesualdo per motivo di lavoro…" (in una edizione più antica recitava: "…i vostri parenti nelle lontane Americhe", quello di Toronto dice:”…nella lontana Gesualdo…”). Percorrendo a ritroso e di notte il tragitto della mattinata. Il San Vincenzo venerato a Gesualdo e Toronto, è quel santo soprannominato anche "L'angelo dell'Apocalisse". Nella bellissima statua è rappresentato con le ali, un dito della mano destra proiettata verso l'alto, che indica la presenza del cielo e del soprannaturale che incombe sulle nostre teste e con in braccio alla mano sinistra, il libro delle sacre scritture aperto (Timete Deum et date illi honorem…), con adagiata sulle sue pagine, la tromba che annunzierà il giudizio finale. San Vincenzo Ferreri visse, tra la fine del Medio Evo e l'inizio dell'Umanesimo, nel bel mezzo delle rivalità tra impero e papato. In quel tempo, affronta i difficili avvenimenti, con la Chiesa divisa tra papa e antipapa, che porteranno poi a profonde divisione tra i cattolici nonché al conseguente grande scisma d'occidente. In questo contesto si inserisce la instancabile attività di predicazione e riconciliazione operata da San Vincenzo Ferreri. Il tema dei suoi sermoni sono difficili: lo scisma e le ingiustizie sociali. La sua voce condanna i soprusi dei ricchi verso i poveri e gli oppressi. Richiama alla ragione e al dovere i responsabili dei popoli e delle nazioni. Si esprime in tutte le lingue più usate in quel periodo, finanche in arabo e ebraico. Taumaturgicamente è ritenuto un Santo potentissimo. Il Santo dei miracoli, con la sua intercessione, da Dio, si riesce ad ottenere praticamente tutto. A Gesualdo viene ritenuto il responsabile della protezione di tutto il paese. Se non più, al pari del santo patrono, S. Nicola.
Franco Caracciolo (figlio di emigrati).



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